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Condividere con i bambini gli strumenti per formare le loro capacità di espressione significa anche rendere reale le opportunità innate che ogni persona adulta sarà poi in grado di sfruttare lungo tutta la vita

Tramite il MetodoVenturelli abbiamo lavorato da sempre nel costruire e consolidare nuove metodologie per supportare i bambini a realizzare la loro motricità. Oggi questo tipo di lavoro assume particolare rilievo in un contesto di estrema mediazione tecnologica e digitale, come quello odierno, dove esiste la minaccia concreta di vedere bloccato lo sviluppo psico-motorio dei bambini, non per mancanza di capacità, ma per assenza del livello di esercitazione e di specializzazione nell’espressione grafica che il cervello richiede per completare correttamente le fasi di crescita.

Molte opportunità di collaborazione sono state create ed implementate, oggi abbiamo la possibilità di mediare rinforzando la nostra rete di collaborazione per concretizzare il futuro ruolo dei bambini nella società.

Un’immagine vale più di mille parole, ovvero quando l’esempio guida.

Gestire le esercitazioni nel modo corretto può aiutare sia a risolvere le necessità di espressione nei bambini, sia a collaborare in modo concreto e reale perché il futuro sia veramente a portata delle loro mani.

Tramite il Metodo Venturelli® è possibile rinforzare le opportunità di preparazione ed avvio alla scrittura manuale per realizzare le capacità motrici e di espressione di ogni bambino

Pensando al modo di collaborare per concretizzare le opportunità di espressione dell’infanzia sono stati sviluppati una serie di strumenti che, dopo un decennio di attività, costituiscono una possibilità reale di collaborare per instaurare un ambiente formativo capace di promuovere il raggiungimento di un’identità completa in ogni bambino.

Nel nostro spazio web aggiornato ci sono elementi a supporto dei nostri soci, dei consulenti per la rieducazione della scrittura nonché per i docenti ed i genitori che affiancano il processo di crescita dei bambini nelle sue diverse fasi, grazie a:

  • La base del Metodo Venturelli® sviluppato in proprio e all’origine delle soluzioni e delle opportunità che oggi abbiamo per rinforzare la didattica dell’infanzia;
  • Corsi Universitari e di Specializzazione, così come supporti multimedia ed editoriali (bibliografia cartacea) dedicati;
  • Campus online per il supporto diretto alle attività di formazione dei professionisti del settore e l’avvio di nuovi specialisti nonché attività introduttive a genitori, per favorire anche un’integrazione omogenea con le attività previste a scuola;
  • Interazioni con case edittrici e generazione di molteplici materiali di testo per la guida pratica alle esercitazioni e alle metodologie;
  • Eventi e attività per supportare la disseminazione delle migliori pratiche costruite;
  • Supporto continuo e interazione diretta per risolvere i casi richiesti di intervento per la Rieducazione delle Capacità Motorie;
  • Seminari formativi per il corpo docente all’interno delle scuole;
  • Laboratori pratici professionalizzanti;
  • Supporto e guida di progetti di implementazione per scuole e istituti comprensivi per intero.

ogni altro suggerimento o richiesta può essere anche proposto a: supporto@metodoventurelli.net

La disgrafia nell'ambito dei Disturbi Specifici di Apprendimento

La disgrafia nell’ambito dei Disturbi Specifici di Apprendimento
Cos’è la disgrafia?

Il termine disgrafia si riferisce ad una scrittura che si presenta eccessivamente lenta e faticosa, oppure impulsiva e poco controllata, maldestra e/o difficilmente leggibile, spesso spazialmente poco ordinata, con un livello grafo-motorio generale che non corrisponde né all’età, né alla classe di frequenza dello studente.
Scrittura disgrafica di bambina di 10 anni

Si tratta di un disturbo specifico di apprendimento che riguarda ogni bambino o adulto che presenta una scrittura carente dal punto di vista qualitativo.

La disgrafia si può presentare con le carenze tipiche di difficoltà di organizzazione del tratto scritto e non comporta necessariamente che ci sia alcun deficit neurologico o intellettivo che giustifichi tale problematica.

La disgrafia riguarda quindi esclusivamente il gesto grafico e comporta un’incapacità parziale nell’esecuzione della scrittura a mano, ma non va confusa con la disortografia.

La disgrafia riguarda gli aspetti propriamente motori della scrittura a mano che si riflettono in mancanza di ritmo, in lentezza eccessiva o in impulsività motoria, in scarsa leggibilità e in disarmonia spaziale, mentre la disortografia è relativa alle difficoltà di tipo linguistico, a livello ortografico, semantico e lessicale.

La dislessia si riferisce invece ad una difficoltà specifica nella decodifica dei grafemi in fase di apprendimento della lettura, senza deficit intellettivo o neurologico. Essa si manifesta, ad esempio, con scambio di suoni simili, incapacità di percepire le lettere doppie e tendenza a confondere lettere affini. Inevitabilmente, questa difficoltà nel riconoscimento della giusta sequenza dei suoi e dei grafemi si riversa poi direttamente anche sulla scrittura.

Normalmente si tende con facilità a confondere questi diversi tipi di disturbo dell’apprendimento, in quanto spesso la disgrafia non si presenta semplice, bensì complessa, cioè associata a problemi di ortografia e/o di dislessia.
In ogni caso, che si tratti di disgrafia pura o di forme congiunte, è essenziale prestare particolare attenzione e riconoscere situazioni di svantaggio fin dal loro emergere, al fine di programmare itinerari educativi individualizzati per il recupero delle abilità deficitarie, usufruendo di tutte le risorse di consulenza specialistica presenti nel territorio.

La Ricerca sulla Disgrafia

Ad oggi, tra gli studi sulle difficoltà del gesto grafico esistono diverse ricerche sulle disgrafie acquisite in età adulta, ma relativamente poche sulle disgrafie in età evolutiva.

In Italia, infatti, manca attualmente una rilevazione statistica su ampia scala dell’incidenza di tale disturbo durante la frequenza scolastica, anche se le numerose richieste di consultazione da parte degli insegnanti e delle famiglie inducono a sostenere che il fenomeno sia abbastanza frequente e addirittura in crescita

Prova ne è una recente ricerca statistica condotta in varie regioni italiane dall’Associazione GraficaMente su più di 2200 bambini al termine della quinta classe di scuola primaria ( Atti del Convegno Nazionale sulla Disgrafia 2008 ) in cui si calcola una percentuale di 20,7 % degli alunni con difficolta esecutive nella scrittura a mano, di cui il 5,5 % informa grave, quando gli alunni dovrebbero avere consolidato le basi di un adeguato sviluppo grafo-motorio.

IMG . fino ad oggi ci siamo solo concentrati sugli aspetti linguistici della scrittura e solo marginalmente dei problemi esecutivi di scrittura che sono alla base della disgrafia

Ciò nonostante, fino ad oggi ci si è concentrati prevalentemente, sia in fase di apprendimento scolastico sia a livello sanitario, ma anche nella ricerca, sui processi di apprendimento di lettura e della dislessia, nonché degli aspetti linguistici della scrittura (metafonologia e ortografia), mentre solo marginalmente dei problemi esecutivi di scrittura che sono alla base della disgrafia. A riprova di ciò, nella ricerca statistica sopra citata si evidenzia come solo lo 0,7% di scritture tra quelle esaminate ha disgrafia segnalata (cioè riconosciuta o dalla scuola o dai servizi sanitari), contro il 20,7% di bambini che presentano effettivamente inadeguato sviluppo grafo-motorio.

Da qui la constatazione di un fenomeno, sociale, sommerso che viene troppo spesso sottovalutato se non addirittura ignorato, con inevitabili ripercussioni sull’apprendimento e sulle possibilità di realizzazione future del bambino.

Appare dunque evidente che ancora poca ricerca è stata compiuta per comprendere l’incidenza della disgrafia in Italia, ma soprattutto la ricerca è ad oggi incompleta per individuare la specificità di questa problematica dell’apprendimento sia come cause sia come fenomeno in sé, tanto è vero che talvolta viene abbinata alla dislessia, talaltra alla disprassia (problema nell’organizzazione dei movimenti volontari) o ancora, quando si unisce a errori di ortografia e morfosintattici, viene collocata nell’ambito dei disturbi dell’espressione scritta, creando così confusione soprattutto ai non addetti ai lavori.

Si auspica pertanto che nuovi studi siano condotti sia a livello statistico sia su base sperimentale ai fini della diagnosi, della prevenzione e del recupero delle disgrafie e delle forme più lievi di difficoltà grafo-motorie, in un’ottica non soltanto clinica, ma anche pedagogico-didattica.

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Rieducare la scrittura si può

Malgrado ancora poco diffusa e conosciuta in Italia, la rieducazione della scrittura offre una metodologia molto efficace per il recupero della disgrafia, nell’ambito dei possibili interventi sui disturbi specifici di apprendimento.
Spesso nei centri preposti per le diagnosi dei DSA, si propone di risolvere il problema della disgrafia suggerendo di sostituire la scrittura a mano con l’uso della tastiera al computer o di scrivere in stampatello anziché in corsivo. Tuttavia, questa soluzione non può che essere rinunciataria, in quanto presuppone che non si possano in alcun modo sviluppare le potenzialità del bambino, per cui si sceglie di aggirare il problema anziché cercare di realizzare un vero recupero.

La soluzione di sostituire la tastiera alla scrittura manuale è rinunciataria delle potenzialità che il bambino può sviluppare e non solo nell’ambito della espressione grafica ma anche per quei talenti che gli consentiranno di esprimersi e di realizzarsi pienamente

Nata in Francia alla fine della Seconda Guerra Mondiale, la rieducazione della scrittura vanta tecniche promosse da esperti come H. Masson, J. De Ajuriaguerra e R. Olivaux e applicate nel corso di circa mezzo secolo per aiutare i bambini disgrafici.
Poiché la scrittura non è un processo spontaneo bensì acquisito, in fase di apprendimento è importante che le abitudini di postura, presa della matita, direzioni dei gesti e modello delle lettere vengano assimilate correttamente. L’esercizio ripetuto nel tempo attiva percorsi neuronali in grado di generare degli automatismi corretti.

IMG . Testo tipico elaborato da un bambino disgrafico di 9 anni prima delle attività di Rieducazione alla Scrittura

Se durante l’apprendimento si creano automatismi “sbagliati” (ad esempio posture o impugnature scorrette, direzioni delle lettere non funzionali), poi nel corso del tempo quelle abitudini si aggraveranno, fino all’emergere di vere e proprie disgrafie che per essere risolte richiederanno poi un intervento specifico ed individualizzato.

IMG . Testo elaborato da un bambino disgrafico di 9 anni dopo eseguire le attività di Rieducazione alla Scrittura

La rieducazione della scrittura interviene dunque per realizzare potenzialità latenti che non erano state prima di allora utilizzate dal soggetto. Essa comporta un processo che tende a fare abbandonare gli automatismi “scorretti”, per attivare percorsi neuronali più efficaci da un punto di vista funzionale e per creare abitudini che facilitino la scrittura in fase esecutiva-

Normalmente, un percorso di recupero ha una durata di almeno 20 sedute e viene intrapreso normalmente tra la seconda e la terza classe di scuola primaria, anche se è possibile anche in classi più avanzate e persino negli adulti, purché vi sia una adeguata motivazione e uno specifico allenamento.

Una rieducazione può dirsi conclusa quando un bambino scrive bene in modo autonomo e in ogni situazione, a casa e a scuola, in modo ben leggibile e con velocità adeguata alla sua età. E la risoluzione di questo problema innesca benefici ad ampio spettro, da quelli del rendimento scolastico, a quelli della motivazione, della serenità e della fiducia in sé e, infine, ma non di minor rilevanza, promuove il pieno sviluppo cerebrale correlato alle attività motorie, di percezione spaziale e ritmica e, più in generale, dell’autocontrollo di sé e delle capacità metacognitive di apprendimento.

Confronto tra scrittura a mano e videoscrittura

Malgrado si pensi che la pratica di scrivere a mano sia un’attività ormai superata nella nostra società digitale, ancora oggi essa è una delle attività più frequenti nella routine scolastica. Infatti, gli studenti trascorrono buona parte della loro giornata a scuola a scrivere a mano e in altri compiti di motricità fine, e la ricerca ci conferma che le difficoltà incontrate in questo campo possono interferire con il profitto scolastico e che la scrittura è il più comune problema degli studenti con disturbi di apprendimento tra i 9 e i 14 anni.

È vero che in alcune scuole statunitensi e in Finlandia si tende a sostituire la scrittura a mano fin dall’inizio della scuola elementare con i caratteri di stampa e l’uso del computer, nella convinzione che questo metodo possa facilitare l’apprendimento della letto-scrittura. Tuttavia, recenti ricerche scientifiche smentiscono in modo evidente queste tesi, mostrando come scrivere a mano presenti maggiori vantaggi per lo sviluppo della motricità fine, così come nella capacità di riconoscere e di memorizzare le lettere, di imparare a leggere più rapidamente, ma anche di realizzare una produzione scritta migliore in quantità e qualità, rispetto a chi usa la tastiera di un computer.

Ma al di là di queste semplici constatazioni, appare di maggiore rilievo chiedersi quali siano le conseguenze dello scrivere a mano o al computer nell’apprendimento di un bambino.

Studi recenti mostrano come la percezione attraverso i sensi e la motricità sono strettamente collegate durante le fasi di sviluppo e dipendono dalla nostra interazione diretta col mondo circostante.

In base a tale visione senso-motoria, il processo di scrivere a mano o al computer è radicalmente diverso. Nel primo caso, si tratta di un’attività motoria specializzata che comporta l’uso di una sola mano scrivente, mentre l’altra mano offre solo un sostegno sul foglio. Quando scriviamo a mano, c’è un rapporto diretto tra il nostro atto di scrivere e il prodotto grafico ottenuto, per cui la nostra esperienza coinvolge tutto il corpo e tutti i sensi. Da qui la possibilità, quando gli automatismi di scrittura a mano sono ben consolidati, di personalizzare nel tempo la grafia, in una maniera unica e inimitabile.

Al contrario, nella scrittura al computer, si perde completamente questa componente di contatto diretto tra il processo e il prodotto grafico. Si usano entrambe le mani per pigiare i tasti, senza la consapevolezza del movimento necessario per eseguire ogni lettera, mentre la percezione visiva è divisa tra sguardo sulla tastiera per controllare la posizione dei singoli tasti corrispondenti alle lettere e sguardo sullo schermo per controllare quanto si sta scrivendo. Si perde così completamente il contatto col corpo, la combinazione dei sensi correlati a precisi movimenti di motricità fine, mentre la scrittura diventa impersonale.

D’altra parte, altre ricerche in Francia dimostrano che la scrittura a mano rispetto alla scrittura al computer porta i bambini a riconoscere e a memorizzare meglio le lettere, poiché a ogni lettera corrisponde un solo movimento, invece quando si scrive alla tastiera, si tratta semplicemente di localizzare e di attivare un punto della tastiera corrispondente a quella lettera.

Non vanno inoltre sottovalutati i rischi di un eccesso di uso di tecnologia digitale nei bambini, come afferma lo psicologo tedesco M. Spitzer: «I risultati dei primi studi su questo argomento indicano che un’accresciuta digitalizzazione della scrittura, che fa la sua comparsa già nell’infanzia, ha conseguenze negative sulla capacità di lettura di bambini e adulti.»[1] Conseguentemente, «una efficace lezione di lettura e scrittura, condotta sulla base dei principi neurobiologici di apprendimento, potrebbe addirittura contrastare la dislessia e la disgrafia, provocate da cambiamenti di regioni cerebrali responsabili dell’elaborazione linguistica e spesso a loro volta causa di gravi ripercussioni sullo sviluppo individuale.»[2]

L’apprendimento della scrittura a mano risulta quindi più positivo in fase evolutiva rispetto a quello di videoscrittura e pertanto dovrebbe essere accompagnato da una didattica efficace e specifica che potrebbe avere effetti di prevenzione e di contrasto nei confronti delle difficoltà di apprendimento.

[1] Spitzer M., Demenza digitale, Corbaccio, Garzanti, Milano, 2013, pp. 159. ( acquistabile da QUI )

[2] Ibidem, pp. 158.

Il Mondo in punta di dita

Il mondo in punta di dita.

Vietato non toccare: tatto e sviluppo cognitivo.

Attraverso il senso del tatto i bambini imparano a tradurre le idee astratte in esperienze concrete.

La connessione tra il tatto e l’apprendimento è profondamente istintiva, inizia nell’infanzia e prosegue, in varie forme, nel corso della vita. Numerosi esperimenti hanno dimostrato che il tatto è importante quanto la vista per imparare e per conservare le informazioni. Inoltre, alcuni studi dimostrano che le attività tattili – per esempio giocare con i mattoncini – migliorano le abilità del bambino, da quella matematica a quella concettuale. (…….) Eppure, molti programmi scolastici si fondano sul vecchio paradigma che la conoscenza si diffonde da un istruttore esperto a uno studente passivo. Questo metodo di insegnamento è evidente quando i bambini finiscono la scuola dell’infanzia e si incamminano nel lungo viaggio attraverso la scuola elementare, la media e la superiore, dove l’istruzione si basa meno sulle esplorazioni pratiche e più sulla memorizzazione automatica dei concetti e delle nozioni.

Al contrario, l’aptica* – lo studio di come il senso del tatto influenza il nostro modo di interagire col mondo – ci dice che, se gli educatori coinvolgessero tutti i sensi degli studenti, i bambini non solo imparerebbero meglio, ma penserebbero anche meglio.

Il potenziale per la mente dovuto all’apprendimento aptico non vale solo per i bambini. La LEGO, infatti, sta promuovendo sul mercato un programma di allenamento chiamato “Serious Play” per le aziende. Team di dipendenti costruiscono modelli in LEGO che usano per rappresentare scenari del mondo economico (…) al fine di creare nuove idee e promuovere lo spirito di corpo. (…) La fonte di ispirazione del programma della Lego è stato il filosofo Platone, autore del celebre aforisma “possiamo imparare molto più da una persona in un’ora di gioco che in un anno di conversazione”.

Per i bambini il gioco è una seconda natura; non servono maestri di vita. Anzi, il gioco fa parte del modo di essere del bambino. (…) Negli anni Sessanta lo psicologo dello sviluppo Jean Piaget scoprì che i neonati e i bambini fino a sette anni imparano soprattutto attraverso l’imitazione, il gioco e la manipolazione degli oggetti; per prima cosa sviluppano i riflessi e la coordinazione occhio-mano e fanno esperimenti con le abilità spaziali; più tardi usano le immagini e le parole per rappresentare gli oggetti e per classificarli. (…) Inoltre sviluppano capacità logiche e di ragionamento manipolando oggetti e distribuendoli – per esempio dal più grande al più piccolo – dimostrando di avere la padronanza di concetti come scala, quantità e lunghezza. (…) Ne deriva che l’apprendimento migliore scaturirà (…) dall’offrire allo studente opportunità migliori per costruire.

Una miriade di cosi detti materiali manipolativi (…) come mattoncini di legno, pallottolieri, monete, lettere di carta smerigliata, riempiono le aule degli istituti prescolari. (…) Il feed-back aptico, vale a dire i segnali provenienti dalle dita, aiuta i bambini a trattenere informazioni e a perfezionare le abilità scolastiche. (…)

Toccare e manipolare gli oggetti promuove anche il pensiero simbolico essenziale per imparare le lingue e la matematica. (…)

L’esplorazione pratica contribuisce anche allo sviluppo delle quattro abilità di pensiero essenziali nell’apprendimento: fare distinzioni, riconoscere relazioni, organizzare sistemi e assumere molteplici punti di vista. Dapprima, questo apprendimento prevede l’uso degli oggetti: di qui l’importanza del tatto. (…) In seguito, maturando, i bambini iniziano ad applicare questi concetti anche alle idee.

Una lezione essenziale che i bambini ricavano dal gioco pratico, quello che impegna le mani, è distinguere un oggetto da un altro. Gli esseri umani sono costantemente chiamati a discriminare parole, luoghi, concetti, oggetti e forme viventi con vario grado di specificità. (…) Un talento per la discriminazione con il tatto è evidente anche nei neonati (…) In uno studio del 2006 condotto su bambini fra i quattro e gli otto anni è stato osservato che i bambini che giocavano spesso con i mattoncini erano più inclini a partecipare a compiti che prevedevano l’uso di simboli come lettere e numeri. I bambini che giocavano con i mattoncini avevano anche un vocabolario più ricco e lo mostravano quando descrivevano le loro strutture ai compagni di gioco e agli insegnanti.

Il tatto può anche aiutare i bambini a distinguere le relazioni, un compito cruciale in molte situazioni della vita. Maria Montessori, che osservò come il pensiero è “espresso dalle mani prima di essere tradotto in parole”, usava nelle sue scuole molti materiali per dimostrare la relazione di scala. Uno di questi era la torre rosa, un gioco in cui i bambini impilavano cubetti rosa di legno graduati in una struttura rastremata verso l’alto, Manipolando i cubetti, i bambini capivano come la dimensione di ciascun pezzo fosse correlata alla sua posizione nella struttura. Le scuole ispirate al metodo Montessori mettono in evidenza la relazione tra la parte e il tutto (…)

Con il tempo i bambini arrivano a capire che il mondo consiste non solo di oggetti, ma anche di sistemi costituiti da parti. Presto imparano che il loro corpo è composto da testa, tronco, gambe e braccia e che la testa è a sua volta composta da occhi, orecchie, un naso, una bocca, un cervello. Nel tempo arrivano a gestire sistemi via via più complessi, dai tre atomi di una molecola d’acqua a un eco sistema composto da terra, aria, acqua, alberi e animali.

Il tatto aiuta i bambini a organizzare i sistemi e a capirli, con l’obiettivo di nutrire una mente che può sintetizzare le informazioni, ma anche scomporle nelle loro parti. (…) Quando i bambini capiscono come gli oggetti entrano in relazione, la loro immaginazione è indotta a considerare il mondo da prospettive differenti. Imparare ad osservare da diversi punti di vista è un’attitudine importante che stimola l’intelletto, migliora le abilità sociali e incoraggia l’intelligenza emotiva, l’empatia e la compassione.

*La Percezione aptica è il processo di riconoscimento degli oggetti attraverso il Tatto.

Bambini e Tablet

L’allarme degli studiosi parla chiaro: per il 46%, i bambini di oggi passano ore incollati a tavolette digitali che li inebetiscono, perdendo così la capacità di apprendere, leggere e contare.

Meno parole, meno bravi a scuola e più insensibili su quanto circonda i bambini

Se non bastasse, altri studi, come quello presentato a Vancouver all’ultimo congresso delle Pediatric Academis Societies and Asian Society for Pediatric Research, hanno rilevato che nei bambini che giocano con app non educative si riscontrano ritardi nel linguaggio: un problema sollavato anche dagli insegnanti di molte scuole, insieme all’aumento dei disturbi dell’attenzione dovuti all’imponente multitasking digitale e al calo del rendimento scolastico. E mentre le riviste specializzate denunciano la mancanza di prove in grado di confermare l’efficacia di computer e tablet a scuola – oltre che delle costose lavagne elettroniche, rivelatesi inutili – in Israele l’introduzione dei PC alle elementari ha portato a un drastico abbassamento del rendimento matematico degli alunni [..]

Altro passaggio del articolo: (dal Professor Benedetto Vertecchi – Professore Ordinario di Roma Tre e fondatore del Laboratorio di Pedagogia Sperimentale) Il paradosso è che alla Wardorf School della Silicon Valley, frequentata dai figli dei dirigenti di Apple o Google, i mezzi digitali sono stati messi al bando.

Leggi l’articolo completo da QUI:

Questioni di metodo - Intervista ad Alessandra Venturelli

Riportiamo la prima puntata di una serie di interviste a esperti e sperimentatori di tecniche per l’avvio alla letto-scrittura.

Lei ha ideato un metodo che si concentra sulla scrittura a mano. A quale fascia d’età si rivolge? Lo potrebbe illustrare ai nostri lettori?

Il metodo che ho messo a punto si basa su una ricerca di pedagogia sperimentale iniziata 17 anni fa ed ancora in corso, realizzata in numerose scuole italiane da me personalmente e dai i miei collaboratori che fanno parte del Gruppo di ricerca del Metodo Venturelli® nelle scuole.
Questo metodo è stato ideato per preparare e per avviare alla scrittura a mano fin dai primi anni di scolarità, accompagnando gli alunni in una logica di continuità didattica dall’ultimo anno di asilo nido, per tutti i 3 anni di frequenza della scuola dell’infanzia e nei primi anni di scuola primaria.
Le finalità del metodo sono infatti quelle di facilitare l’apprendimento della scrittura e particolarmente del corsivo al numero più alto possibile di bambini, cercando di limitare i rischi di disgrafie e di difficoltà grafo-motorie, spesso dovute a stimoli educativi e scolastici inadeguati.

Il suo metodo può essere utile anche nei casi di disturbi specifici dell’apprendimento come la disgrafia? In che modo?

Oltre alla prevenzione, il mio metodo si occupa anche di recupero delle disgrafie, poiché si tratta di un percorso unitario di abilitazione-riabilitazione della scrittura a mano che prevede 3 fasi successive di intervento, sulla base degli effettivi bisogni e dei diversi stadi di apprendimento di un bambino.
Si parte con una prima fase di insegnamento rivolta a tutti gli alunni nelle scuole dai 2 anni e ½ ai 7 anni, con particolare attenzione agli alunni con minori abilità percettive e motorie di base.
In classe seconda di scuola primaria, si procede quindi a una seconda fase di attività didattiche mirate, per potenziare le abilità ancora carenti in alcuni alunni.
Se un bambino dopo la classe seconda presenta ancora importanti difficoltà di scrittura a mano, si passa a una terza fase, condotta individualmente da un rieducatore della scrittura.
Soltanto al termine di questa fase, si dovrebbe ricorrere ad eventuali strategie dispensative e compensative per quegli aspetti che non sono stati del tutto recuperati durante la rieducazione, come previsto dalla Legge 170 sul DSA del 2010.

Leggi l’articolo completo, presso Giunti Scuola, da QUI:
https://www.giuntiscuola.it/lavitascolastica/magazine/articoli/questioni-di-metodo-1-%E2%80%93-intervista-a-alessandra-venturelli/

Uno sguardo sulle connessioni del cervello

L’importanza degli apprendimenti precoci corretti

Il cervello impara continuamente. L’unica cosa che non può fare è…non imparare! La ricerca sulle funzioni cerebrali ci ha aiutato in questi ultimi anni a comprendere i meccanismi che regolano l’apprendimento, la memoria, la capacità di attenzione e di sviluppo.

I processi e i meccanismi che condizionano abilità cognitive come la capacità di attenzione, l’evoluzione del linguaggio, l’intelligenza sono numerosi e diversificati. L’utilizzo del cervello porta alla crescita delle aree cerebrali responsabili di una determinata funzione: chi impara a fare il giocoliere, registra un ampliameno delle aree dell’encefalo responsabili dell’elaborazione del movimento visivo, mentre chi studia il violino o la chitarra mostra un aumento della regione cerebrale che comanda le dita della mano sinistra. Possiamo pensare al cervello come a un muscolo: se viene utilizzato “cresce”, altrimenti si atrofizza.

Il cervello si modifica in maniera permanente attraverso l’uso. Percepire, pensare, sperimentare, sentire e agire sono tutte azioni capaci di lasciare tracce mnemoniche . Grazie alla moderna tecnologia imaging, oggi possiamo fotografare e filmare le sinapsi, vale a dire quei legamenti plastici tra i neuroni in cui scorrono i segnali elettrici su cui si basa il funzionamento del nostro cervello. Nel cervello, organo dinamico per eccellenza, le sinapsi vengono costruite, modificate, smantellate, eliminate e nuovamente ricostruite senza sosta. Grazie all’attività mentale, l’encefalo muta in continuazione. Gli impulsi elettrici trasmessi dalle sinapsi modificano le sinapsi stesse rendendole più efficienti (neuroplasticità). Sul lungo periodo si formano veri e propri percorsi che gli impulsi seguono. Si tratta di tracce strutturali che possiamo chiamare, con un termine a noi più familiare, apprendimento.

Chi ha imparato molto nel corso della vita, sperimentando e rielaborando intensamente le proprie esperienze, possiede numerose tracce nel cervello che gli permettono di orientarsi nel mondo e di agire in maniera efficace. Oggi si parla molto di apprendimento permanente e certamente la capacità intellettiva di ognuno di noi dipende da quanto tiene in allenamento la mente, da quanto la preserva dai danni dello stress che distrugge i neuroni; da quanto lo stile di vita è sano; ma spesso ci si dimentica che le basi di una soddisfacente capacità mentale affondano nella prevenzione, vale a dire in un’adeguata formazione ed istruzione durante l’infanzia e l’adolescenza.

Il cervello dei bambini, ancora in crescita, è particolarmente malleabile, veloce ed efficace nella sua capacità di apprendimento; i giovanissimi imparano molto in fretta ed è probabile che qualunque cosa apprendano, si radichi nella loro mente per tutta la vita; il cervello degli adulti, come è dimostrato da studi neurobiologici, è relativamente finito e poco modificabile. Per questo è importante che i primi insegnamenti offerti ad un bambino dalla famiglia, dalla scuola e dall’ambiente in cui vive, siano il più possibile corretti, accurati e generosi perché i primi anni di vita sono quelli in cui il suo cervello, e nello specifico l’ippocampo, svolge un ruolo chiave nella formazione e nell’immagazzinamento dei nuovi contenuti di memoria che andranno poi a dar corpo alla sua cosidetta riserva cognitiva. In età avanzata, tanto più abbondante sarà tale riserva, tanto più tardi si noterà la diminuzione della capacità di funzionamento cerebrale, strettamente connessa al livello di formazione raggiunto dal cervello prima dell’inizio del declino.

Testo liberamente tratto da Demenza digitale, di Manfred Spitzer, Corbaccio Editore.

Uno sguardo nuovo sull’alunno di Régine Zékri Hurstel

Prefazione di Alessandra Venturelli
Come può la neurologia essere al servizio del benessere dei bambini e migliorarne l’apprendimento? Come può concretamente aiutare insegnanti e genitori a orientare l’insegnamento e l’educazione, per promuovere il loro sviluppo in modo armonico o per recuperare le difficoltà scolastiche del leggere, dello scrivere e del contare?

Queste le domande a cui la neurologa francese, autrice di Uno sguardo nuovo sull’alunno (Un nouveau regard sur l’élève), cerca concretamente di dare risposte mostrando, con un linguaggio chiaro ed immediato e al contempo scientificamente rigoroso, come tutte le difficoltà di scrittura e del linguaggio derivano dal fatto che l’alunno non è riuscito a raggiungere una postura equilibrata e stabile.

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Basandosi sull’osservazione di una lunga esperienza clinica con migliaia di bambini, lo sguardo nuovo dell’autrice sull’alunno parte da un approccio umanista di neurologia funzionale, che prevede una visione dinamica capace di considerare il bambino nella sua interezza di mente e corpo; tale ottica tiene in debito conto le possibilità del soggetto di trovare continuamente nuove condizioni di equilibrio posturale e cerebrale, vale a dire di benessere psicofisico, di adattamento e di più facile apprendimento, grazie alle grandi potenzialità di plasticità neuronale scoperte recentemente dalle neuroscienze.
Cervello e corpo formano, infatti, un anello di continuo interscambio, per cui la capacità di ristabilire di volta in volta l’equilibrio del corpo – quando un alunno è impegnato in un’attività complessa, come ad esempio quella di leggere o scrivere – porta il cervello a canalizzare le energie del bambino in modo efficace nei vari apprendimenti a scuola, così come nelle diverse situazioni della vita quotidiana.
Ciascuno ha un modo personale di orientarsi nello spazio mentale a seconda dell’occhio dominante neurologico che riflette un profilo cerebrale ben preciso, in quanto esso qualifica non soltanto una lateralizzazione del corpo, ma anche un particolare modo di muoversi, di essere e di imparare. L’obiettivo è quello di offrire a ciascun bambino adeguate opportunità di cercare il proprio equilibrio in base alle proprie caratteristiche, a scuola come negli sport e nelle attività abituali. L’invito rivolto a insegnanti e genitori è dunque quello di non affidarsi a priori a norme precostituite e di preferire una pedagogia che incoraggi il bambino stesso a cercare il proprio atteggiamento posturale – ad esempio la posizione più comoda di fronte alla lavagna o il giusto assetto quando scrive secondo un asse di equilibrio di mano scrivente, occhio che dirige e piede dominante – senza tralasciare di accompagnarlo in questa ricerca, per essere pronti a guidarlo con dolcezza nel caso in cui da solo non trovi l’adattamento più funzionale.

L’autrice non si limita quindi ad analizzare le cause neurologiche e fisiologiche delle difficoltà scolastiche o di situazioni squilibrate che generano affaticamento, dolore e, a catena, minori capacità di apprendimento. Il suo approccio è dichiaratamente di pedagogia diversificata orientata alla prevenzione: rispondendo ai bisogni diversi degli alunni in classi eterogenee, la Zekri-Hurstel offre consigli pratici su come favorire le condizioni di apprendimento, che si tratti di scrittura, di lettura o di linguaggio, o più semplicemente del comportamento degli alunni in classe. Ciò che conta è arrivare a suggerire con semplicità soluzioni efficaci di postura globale, in aula così come nelle attività sportive e del tempo libero, poiché dietro ogni attività c’è il coinvolgimento di tutto il corpo.
Nell’ambito della scrittura, in particolare, è necessario – per trovare maggiore facilità e dunque approdare al piacere di scrivere – ripristinare a priori l’intero schema corporeo. Analogamente, per quanto riguarda il linguaggio parlato e la lettura, fondamentali sono i gesti che aiutano l’alunno a focalizzare meglio la sua attenzione e le sue capacità di apprendimento, soprattutto grazie alla stimolazione dei cinque sensi che sono alla base del linguaggio. Una proposta didattica particolarmente significativa è, a questo proposito, l’Alfabeto sensoriale, formato da lettere multisensoriali che, oltre ad essere oggetti concreti e piacevoli, offrono ad ogni bambino l’opportunità di privilegiare la propria modalità sensoriale preferita.

 

Tutti gli aspetti e le diverse espressioni del bambino, a scuola come nel tempo libero, devono essere ricondotti ad un unico cervello che può funzionare nel migliore dei modi soltanto se il corpo ritrova la sua armonia alla … scuola dei gesti.
E questa in fondo è la grande lezione dell’autrice: come tradurre la scienza neurologica in saggezza pratica per insegnanti e genitori, ma anche per esperti di difficoltà scolastiche e di DSA, e come trasformare così la vita quotidiana di tanti alunni migliorando in modo semplice ed efficace, su basi scientifiche, le condizioni del loro benessere e del loro apprendimento.

Alessandra Venturelli
Presidente A.I.D
Associazione Italiana Disgrafie

Allarme USA, i giovani non sanno più scrivere

Intervista ad Alessandra Venturelli – pubblicata il 22 gennaio 2016 dal Resto del Carlino

L’Esperta, I consigli della Venturelli per guarire i ragazzi dai rischi dell’Hi-Tech

“Danni Neurologici e Poca Autostima“

Bambini che scrivono con mano incerta, il tratto tremolante, le parole mal collocate nello spazio della pagina. Bambini che scrivono lentamente e affaticano il polso e la mano. Le difficoltà nella scrittura, fino al disturbo di apprendimento denominato disgrafia, sono in crescita. “Una nostra ricerca del 2008 indicava un 20% di scolari, alla fine della quinta elementare, con inadeguato sviluppo grafo-motorio”: Alessandra Venturelli è un’autorità nello studio, nella prevenzione e nella cura dei disturbi della scrittura. E’ presidente di GraficaMente e della Associazione Italiana Disgrafie, nonché promotrice del “Metodo Venturelli”, un approccio pedagogico-didattico che facilita l’apprendimento della scrittura a mano, sia in stampato sia in corsivo.

IL DIRITTO di imparare a scrivere a mano: è la missione della “Campagna per il corsivo” (www.campaignforcursive.com) in corso negli Stati Uniti, dove le linee guida federali prevedono l’obbligo di insegnamento della scrittura a mano solo fino alla prima elementare. Sheila Lowe, scrittrice e grafologa professionale, è la portavoce.

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Dall’articolo di Quotidiano.net:

Sheila Lowe, che succede negli Stati Uniti?

«Succede che la direttiva federale è stata adottata da molti stati. Poi una parte di questi, di fronte alle difficoltà create dal mancato insegnamento del corsivo, hanno fatto marcia indietro. Noi siamo impegnati a incoraggiarli».

Perché tante scuole hanno scelto l’abbandono di carta e penna?

«Perché non hanno capito gli effetti negativi sui bambini. Alcuni si lamentano per il tempo dedicato a un’attività che gli insegnanti più giovani reputano obsoleta. Ma molti di questi insegnanti, a loro volta, hanno difficoltà con la scrittura in corsivo, perciò si rifiutano di imparare a insegnarla».

Quali sono i rischi che si corrono abbandonando carta e penna?

«Negli ultimi anni c’è stato un enorme aumento dei disturbi di apprendimento nei bambini. Nelle scuole private è diverso: lì si insegna ancora il corsivo. Quindi chi frequenta le scuole pubbliche è svantaggiato, si torna all’epoca in cui la scrittura era riservata alle élite. Poi c’è da considerare che chi non sa scrivere in corsivo, nemmeno riesce a leggerlo. Ciò significa che avremo persone incapaci di leggere documenti antichi e fondativi della loro cultura. E non sapranno leggere nemmeno una lettera dei loro nonni. Che tristezza».

Articolo completo, presso Quotidiano.net, raggiungibile da QUI:

L'Inchiesta: rieducare i ragazzi alla scrittura

Le neuroscienze dimostrano che la scrittura a mano svolge una funzione importante nello sviluppo della mente nei bambini e negli adolescenti.

Altre ricerche provano che usare carta e penna, ad esempio nel prendere appunti, favorisce la concentrazione e facilità l’apprendimento.

Ma la scrittura in corsivo è minacciata dall’uso, o meglio, dall’abuso, dei supporti digitali. I dati su disgrafie e difficoltà di scrittura sono preoccupanti e c’è il rischio che un malinteso spirito di progresso porti a trascurare o addirittura abbandonare una pratica importante per lo sviluppo stesso delle personalità di ciascuno.

Maggiori dettagli nella scansione completa dell’articolo qui di seguito riportata:

Alla conquista della scrittura e non solo…

Introduzione ai volumi e presentazione a Milano
Descrizione

Un nuovo modo di fare scuola che, anziché puntare sul prodotto, focalizza l’attenzione sul graduale processo di acquisizione delle competenze del bambino, non solo strettamente grafiche, ma anche percettivo-motorie, cognitive, emotive e relazionali, in una visione pedagogica che tiene conto della formazione globale di ciascun alunno. Basato su una ricerca di pedagogia sperimentale, l’opera offre a insegnanti, educatori e genitori di bambini della scuola dell’infanzia una serie di libri operativi, graduati per età dai 3 ai 5 anni secondo una logica di continuità, per facilitare il successivo apprendimento della scrittura. Di facile utilizzo, grazie alla Guida didattica e alle indicazioni operative per l’insegnante a corollario di ogni esercizio, il Libro operativo propone giochi stimolanti e attività grafiche di crescente difficoltà, grazie soprattutto ai riferimenti di punto e freccia. Ma poiché si tratta perlopiù di concetti astratti, ogni capitolo è introdotto da un personaggio mediatore che guiderà piano piano il bambino in modo giocoso alla conquista di nuovi apprendimenti grafici e non solo.

Presentazione dei volumi a Milano

Dal giardino d’infanzia, e dei balocchi, ai banchi di scuola, quelli veri dove le matite colorate sono sostituite da penne serie, che scrivono “a,b,c”, senza inciampare sulla soglia. Anzi, attraversandola disinvolti e quasi divertiti, come se una fotocellula percepisse che si è pronti per scrivere e far di conto e facesse aprire le porte, stile supermarket. Così succede con il ‘Metodo Venturelli’, che propone a insegnanti, educatori e genitori un percorso didattico per bambini della scuola dell’infanzia dai 3 ai 5 anni basato su una ricerca pedagogica sperimentale. Venerdì 4 marzo alle 17 in via Tadino 53, Alessandra Venturelli e Valentina Valenti ne racconteranno, ospiti della Libreria dei Ragazzi con tanto di esempi video, portando a battesimo tra gli scaffali della storica libreria i volumi “Alla conquista della scrittura e non solo…” editi da Mursia.

Ce n’è uno per ogni anno di scuola dell’infanzia, oltre a una guida didattica che abbraccia l’intero ciclo scolastico, con le tappe di un’avventura che ad un adulto miope può apparire banale, ma non lo è affatto. Si tratta di apprendere l’arte della scrittura nel suo risvolto grafico, soprattutto in corsivo. Le “f” e le “h”: chi ricorda le originali? E le maiuscole in corsivo? In soffitta in quaderni impolverati giacciono e gli adulti di oggi hanno archiviato con essi anche il ricordo della fatica fatta.

Per coordinare il gesto, per stare dritti sul banco ad alto rischio scogliosi, per impugnare la penna come si deve e non come fosse una spada o un calzascarpe. E per “orientarsi nello spazio del foglio eseguendo tracciati di pregrafismo e lettere con buon tratto, forma adeguata e direzioni funzionali”. Venturelli spiega che secondo una recente ricerca statistica, ben il 41% di alunni italiani presenta alla fine della scuola dell’infanzia un livello insufficiente di competenze grafiche per affrontare l’apprendimento della scrittura e di questi ben il 77% resta insufficiente quando poi scrive in corsivo in classe seconda”
Le pubblicazioni e il suo metodo, trasmesso anche con corsi in tour su richiesta nelle scuole della penisola, aiutano concretamente i bambini “dando loro una mano a prender la mano” e scrivere. L’innovazione e la peculiaritá stanno nello spaziare tra pratica e teoria senza soluzione di continuità, associando l’entitá cerchio con un cerchio tangibile, una sfera con una pallina di pongo modellata personalmente, con conseguente risveglio dei sensi e pragmatismo spicciolo. Il Metodo Venturelli smussa anche il gradino tra i due cicli scolastici preparando le maestre dell’uno e dell’altro ad un passaggio di testimone più agile possibile. In primis per “il testimone” che è il bambino, cittadino del presente e del futuro, forse scrittore del futuro, speriamo lettore per la vita. Sfogliando i manuali salta all’occhio la mappa di un percorso didattico graduale e coerente, pratico e di facile utilizzo che non tralascia alcun campo di esperienza. É rivolto a tutti ma consigliato per gli alunni con maggiori difficoltà iniziali, anche in un’ottica di prevenzione dei DSA e dei BES, e sempre nel pieno rispetto dei diversi ritmi di apprendimento.
Mentre il 4 marzo a due passi dal corso dello shopping arriva a raccontarsi questo originale corso Venturelli, c’é chi nella cittá metropolitana l’ha giá fatto proprio. È la scuola privata primaria di Cormano papa Giovanni XXIII. Venturelli stessa ci ha fatto tappa e oggi l’istituto lo propone in tutta autonomia e con fierezza. E con estrema soddisfazione dei piccoli scrivani alle prese con righe, maiuscole, baffi, apostrofi e curve: segni di emancipazione che li fanno sentire grandi più dello smartphone che tra qualche anno si troveranno in tasca.

Da Mursia Editore – Alla conquista della scrittura e non solo
Libro operativo per i 5 anni – EAN: 9788842556879
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Bambini viziati e genitori isterici

Articolo pubblicato presso La Rivista: Un Pediatra per Amico – uppa.it

Niente regole, niente limiti e niente imposizioni naturalmente, secondo i canoni della più libertaria delle pedagogie: tutto concordato, vagliato e deciso con loro e a loro subordinato.

Facciamola finita! Lo chiedono con forza e da tempo, senza saperlo, con la loro irrefrenabile agitazione, i loro incontenibili nervosismi, i sonni ormai impossibili, le disappetenze ostinate e le isteriche bulimie. Bambini cresciuti con una rabbia e un’arroganza relazionale ingiustificate e insostenibili, un’ansia da prestazione esasperata. Capaci di soccombere per un insuccesso scolastico fino a farci registrare un inquietante aumento di suicidi adolescenziali. O, all’opposto, istericamente aggressivi, con gestualità minacciose e sfidanti, anche solo per festeggiare un successo sportivo strappato con ossessiva tenacia, solitamente priva di regole e di rispetto.

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Disturbi di apprendimento nel modenese., oltre 4 mila casi in un anno

Disturbi di apprendimento nel modenese., oltre 4 mila casi in un anno

Martina Stocco – La Gazzetta di Modena

Erano 4.400 nel 2009, hanno superato i 10mila solo tre anni dopo.

Tra il 2014 e il 2015 ne vengono segnalati addirittura 18.251: i casi di disturbi specifici dell’apprendimento (Dsa) in regione, nell’arco di cinque anni, sono quadruplicati. In testa a questa classifica c’è Modena.

Letti l’articolo da QUI:

Disturbi Specifici dell'Apprendimento: le diagnosi sono sempre giuste e fondate?

Il pedagogista Daniele Novara solleva dubbi sulla fondatezza delle diagnosi e sul boom di certificazioni, non in linea con le statistiche internazionali. Punta il dito contro il sistema scolastico, responsabile a suo dire di instillare nei genitori il dubbio dell’inadeguatezza dei figli di fronte al sistema educativo.

Negli ultimi anni in Italia si è assistito a un discutibile boom di diagnosi e relative certificazioni: dai disturbi dell’attenzione a quelli dell’apprendimento, dalla dislessia alla discalculia. Bambini che in passato sarebbero stati definiti come vivaci o indisciplinati oggi hanno diagnosi precise, con certificazioni rilasciate da neuropsichiatri. Eppure, la neuropsichiatria infantile è una branca specialistica della medicina che si occupa dello sviluppo neuropsichico e dei suoi disturbi, neurologici e psichici, nell’età fra zero e diciotto anni. Possibile che così tanti bambini abbiano sviluppato questi disturbi?
Nel suo ultimo libro, “Non è colpa dei bambini. Perché la scuola sta rinunciando a educare i nostri figli e come dobbiamo rimediare”, il pedagogista Daniele Novara evidenzia che l’accelerazione con cui le diagnosi stanno crescendo nelle scuole italiane non è in linea con le statistiche internazionali.

[…]

E questo da cosa dipende, secondo lei?
“Molti insegnanti pretendono di avere in classe dei bambini ‘sedati’, che parlino come adulti, che non abbiano più uno straccio di pensiero magico, che non siano più vivaci, disordinati. ‘Signora lo faccia vedere perché dopo 30 minuti non sta più attento a scuola’, viene detto alle mamme, ma nessun bambino sta attento passati i 30 minuti. Mi chiedo se queste maestre/i e professoresse/professori abbiano nozioni di psicologia e pedagogia. Per quanto mi riguarda è spesso la loro incompetenza in questo ambito a portare alla necessità di diagnosticare”.

Leggi l’articolo completo da qui:

Le tecniche della scrittura, un corso per gli insegnanti

Articolo stampa riportato da La Provincia Pavese: Nuove metodologie per apprendere la tecnica della scrittura a favore dei bambini della scuola dell’infanzia e primaria. Le novità all’istituto comprensivo di Rivanazzano

Leggi l’articolo completo da QUI

Se scrivi a mano, ci guadagni in salute e in intelligenza

Quali sono i benefici che puoi apportare al tuo corpo scrivendo a mano? Interessante articolo dal sito internet Di Lei.

13 maggio 2019 – Pc e tablet sono a portata di mano: vuoi per svolgere attività lavorative, vuoi per cercare informazioni o recensioni su una località che vorremmo visitare, questi dispositivi elettronici sono entrati nella nostra vita e ne sono parte integrante.

CLICCA QUI

Scrittura e disgrafia. L’I.C. di Montalto di Castro organizza incontri sul tema coinvolgendo genitori, alunni e gli stessi insegnanti.

« Ma come scrivi! » Storica frase pronunciata da insegnanti, madri, padri o adulti in genere, e rivolta a bambini/adolescenti con una penna in mano.

Il gesto grafico è uno degli atti che impariamo più precocemente nella vita, e “segna” in profondità il modo attraverso il quale rappresenteremo e racconteremo, per il resto della vita, il mondo che ci circonda. A parlarne è la vicepresidente dell’Associazione Italiana Disgrafie, dott.ssa Ricci, in una serie di incontri organizzati dall’Istituto Comprensivo presso la scuola dell’Infanzia, Primaria e Secondaria di Montalto e Pescia Romana, l’11 e 12 novembre. Conferenze per insegnanti e genitori che hanno per oggetto “insegnare le corrette abitudini per prevenire le difficoltà di scrittura”, con riferimento alla costruzione del gesto grafico all’Infanzia e alla Primaria, e successivamente le sue trasformazioni in età adolescenziale. Perché parlare di scrittura? Perché si comincia a tenere in mano una matita già in età infantile, e quel gesto così creativo e potente evolve, si modifica e si complica tra i 5 e i 20 anni, diventando una vera radiografia di come siamo.

Per i partecipanti alle conferenze organizzate dalla scuola di Montalto si apre un mondo quasi completamente inesplorato e allo stesso tempo sotto gli occhi di tutti: ogni volta che si ha a che fare con un bambino o un adolescente nell’atto dello scrivere, dietro il banco di scuola, nel chiuso della cameretta o in sede di esame, ogni volta che gli si chiede di fermarsi, sedersi, prendere un quaderno e una penna e fissare pensieri o numeri su fogli di carta, la questione del gesto grafico porta più preoccupazioni che delizie. Ne sanno qualcosa gli insegnanti che passano buona parte del loro lavoro leggendo e correggendo gli scritti degli studenti.

I dati presentati dalla Dott.ssa Ricci sono poco confortanti: tra il 2016-2017 la disgrafia in Italia risulta incrementata del 90,3% e, più in generale, le statistiche parlano di un incremento di studenti DSA del 314%. Il dato è allarmante. Eppure lo scopo di questi incontri a scuola non è ratificare lo stato di salute problematico della scrittura, ma parlare di buone pratiche in fase di osservazione dei nostri bambini/ragazzi. L’espressione buone pratiche conforta sia gli addetti ai lavori, sia un genitore che osserva il figlio quando si appresta a fare i compiti. Lo stesso vale per la maestra e per la professoressa che insegnano a scrivere. Interessantissimo scoprire, allora, quanto l’osservazione sia importante per correggere il bambino che scrive: la posizione delle spalle dritte, la posizione del pollice e dell’indice nel tenere la penna, la posizione del mignolo e dell’anulare nel sostenere l’intera mano, la posizione dei piedi a terra come quella della schiena sorretta dal tronco, i gomiti sul banco. Piccole pratiche di osservazione, buone pratiche di prevenzione. Cose che non guardiamo più, o che derubrichiamo a inevitabili involuzioni dei tempi.

Ecco allora che siamo tutti invitati a non abdicare al ruolo di osservatori, e a non cavalcare il concetto di “vita frenetica quotidiana” per giustificare la mancanza di tempo da dedicare alla osservazione/correzione/prevenzione di abitudini scorrette di scrittura.

Gli spunti di riflessione per gli insegnanti sono molti, alcuni provocatòri per i tempi che corrono: far scrivere molto, far scrivere bene (esercizi di calligrafia), far scrivere a mano! Pensavamo che il “digitale” fosse il presente e il futuro, scopriamo invece che il gesto grafico manuale e il corretto controllo del complesso schiena-polso-mano-dita non sono sostituibili, perché trattasi di buone pratiche per prevenire le disgrafie, per favorire l’equilibrio psicomotorio, per migliorare la quantità e qualità della produzione scritta, addirittura per prevenire i problemi alla vista (a tutti noi sono venuti in mente immagini di ragazzi che scrivono schiacciati sui quaderni, con gli occhi quasi appiattiti su tablet, e dotati fin dalla tenera età di carini, sfiziosi, spesso costosi occhiali da vista).

Ritengo dunque questi incontri organizzati dall’Istituto Comprensivo di Montalto decisamente interessanti per capire dove stiamo andando, come insegnanti e genitori, riguardo all’esercizio della scrittura dei ragazzi, e non mi sento per questo coinvolto in una sorta di battaglia di retroguardia, come si potrebbe pensare (grafica manuale versus grafica digitale, dove la prima ha già perso!). Apprezzo molto l’I.C. di Montalto che ha posto tra le sue priorità nel PTOF proprio la prevenzione delle disgrafie, e conferenze aperte al pubblico come queste sono valide iniziative di formazione e informazione.

Come insegnante di Lettere, per giunta a Montalto, sono vistosamente di parte. Ma quando si parla di buone pratiche per migliorare la crescita di figli e alunni, siamo tutti di parte. Sì, dalla loro parte.

Prof. Alberto Puri
(Docente di Lettere I.C. Montalto di Castro)

 

ALESSANDRA VENTURELLI RICEVUTA IN SENATO

La dottoressa Alessandra Venturelli è stata ricevuta dalla 7^ Commissione del Senato per un’audizione sul seguente argomento: “Indagine sugli effetti della tecnologia digitale sugli studenti”.

Di seguito trovate il link per chi vuole vedere il suo intervento in differita: QUI

Impatto del digitale sugli studenti

Indagine conoscitiva sull’impatto digitale sugli studenti, con particolare riferimento ai processi di apprendimento: audizione della prof.ssa Alessandra Venturelli, fondatrice e presidente dell’Associazione GraficaMente e dell’Associazione Italiana Disgrafie e docente presso l’Università degli studi di Ferrara.

QUI

Oggiscuola.com: Ragazzi, mollate il computer e scrivete in corsivo

Un libro che è un appello al ritorno alla scrittura manuale e che è un racconto di come si possa sconfiggere la disgrafia. Si tratta di un disturbo dell’espressione scritta che riguarda il 20 per cento degli studenti italiani, dei quali maschi 8 su 10. In questo modo rieducando la motricità fine dei bambini anziché consegnandoli al computer. In Il corsivo encefalogramma dell’anima (La memoria del mondo, 159 pagine, 18 euro) una grafologa e uno psicologo spiegano i danni cognitivi, emotivi, relazionali che a bambini ed adulti può causare l’abbandono della scrittura a mano. Specialmente in corsivo, a favore dell’utilizzo esclusivo delle tastiere dei computer e degli smartphone.
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